Ritratto di Vanna

Licurgo aveva ritratto Vanna (Giovanna) bambina, nei primi anni di guerra, quando lei poteva avere 2 o 3 anni. Vanna era  figlia unica del suo caro amico Luigi (Gino) Castoldi e Licurgo si era affezionato molto alla piccola, forse per un inconscio desiderio di avere anche lui una figlia così graziosa e birichina. Questo ritratto fu poi pubblicato, per la prima volta, sul secondo volume del Comanducci, nel 1945, e poi per tutti i decenni sucessivi. Fu mio padre, a fornire la foto del ritratto alla tipografia dell'allora Amilcare Pizzi, che ancora ne curava l'Edizione; scelse questo quadro anche per l'affetto che nutriva per la piccola Vanna e per il caro amico Castoldi. Ora Claudio Ferrario,  figlio di Vanna (mancata al suo affetto da due anni), ha fatto ripulire e restaurare il quadro, che ha ripreso i suoi bei colori e la sua brillantezza, rendendo l'espressione della bimba e l'atmosfera del ritratto vivi come appena dipinti. La restauratrice Isabella Pirola, professionista accreditata presso la Sovrintendenza delle Belle Arti, nel suo studio di restauro ha eseguito un ottimo lavoro, riportando alla luce le morbidezze di disegno e colori e, nel contempo, rispettando l'opera nella sua originalità. Voglio qui mostrare il “prima e dopo restauro”: Licurgo ne sarebbe stato soddisfatto.

Villa Fogazzaro ROI - FAI

Ieri ho visitato Villa Fogazzaro Roi, appartenente al FAI, dove è esposto un bel disegno di mio padre da lui realizzato negli anni "30 e donato da me al FAI, che l'ha esposto provvisoriamente all'ingresso della villa. Mio padre aveva conosciuto il marchese Roi nel 1936, quando aveva trascorso un periodo della sua vita a Vassena ed era stato ospite a villa Fogazzaro, dove aveva realizzato, probabilmente dal vero, questo bel disegno a graffite e pastello. La villa, molto bella, si trova a Oria, sul lago di Lugano e offre, con la guida di volontari molto preparati, una visita molto interessante, sia per loscenario struggente descritto fedelmente in "Piccolo mondo antico", sia per gli arredi, gli scritti e gli oggetti che raccoglie e che raccontano la storia di un'epoca che va dall'ottocento fin quasi ai tempi nostri.

Lo studio di via Solferino

Licurgo aveva conosciuto i conti di Castelbarco-Erba tramite un amico, Gino Castoldi, che era il loro amministratore. I Castelbarco gli affittarono l'ultimo piano del loro palazzo in via Solferino: un grande appartamento con un luminosissimo giardino d'inverno, dove mio padre organizzò il suo studio.

Nel terribile agosto del "43, quando Milano fu distrutta dai bombardamenti a tappeto, Licurgo si trovava a Valcava con Castoldi per realizzare un'opera nella chiesa locale. Qui ricevette la notizia che il palazzo dei Castelbarco era stato colpito. Tornò subito a Milano, ma non ci fu nulla da fare, aveva perso tutto, gli rimanevano solo i vestiti che aveva addosso...  Riuscì a recuperare solo il suo bel cavalletto rivestito di velluto rosso fissato da borchie dorate.

Il cavalletto lo tenne anche se il velluto era strappato e le borchie pendevano miseramente, quasi tutte staccate.

Ho giocato tanto con quelle borchie da bambina, senza conoscere il valore affettivo di quella perdita, di cui mio padre parlò pochissimo. I Castelbarco gli avevano promesso che, dopo la guerra, avrebbero organizzato una mostra permanente nel suo studio, trasformandolo in un centro artistico culturale. Ma lo studio non c'era più e la sua vita  prese strade diverse.

GIAN FERRARI

Licurgo, a Milano,aveva incontrato Gian Ettore Ferrari nel 1928, quando il celebre gallerista organizzò, con altri imprenditori, una Filodrammatici in alcuni locali di uno stabile di via Rovello, proprio dove, nel dopoguerra, venne fondato da Paolo Grassi e da Giorgio Strehler il Piccolo Teatro. In questa occasione, mio padre aveva collaborato ad alcune scenografie con dei bozzetti futuristi (ora perduti).

Licurgo mi raccontava di quel periodo come di un momento magico della vita Milanese, per il fervore culturale e il desiderio di "nuovo", come diceva lui. Mi raccontò che per questo lavoro non prese un soldo, perchè tutta la compagnia aveva perennemente problemi finanziari. Guadagnò però molto dal punto di vista artistico e anche da quello umano, riuscendo a conoscere parecchie persone che avevano parecchio da insegnargli. Tra questi ricordava con simpatia Appelius, un impresario che aveva a disposizione un piccolo teatro settecentesco, molto bello, in via Dell'Unione, l'Arcimboldi, che fu poi distrutto dai bombardamenti.

Con Gian Ferrari, Licurgo mantenne sempre un buon rapporto di amicizia e di lavoro. Negli anni '30 partecipò ad alcune collettive che il novello gallerista organizzò nel foyer del teatro Arcimboldi. Nel 36 Gian Ferrari fondò una sua galleria personale in via Clerici, dove promosse l'attività degli artisti emergenti, prediligendo il figurativo e dove mio padre espose spesso, ma sempre in collettive.

Rivide Gian Ferrari nel 1947 e mantenne con lui un rapporto di simpatia e amicizia. Negli anni cinquanta gli lasciò in galleria due quadri surrealisti, di cui non ho notizie.

 Non so dire perchè Licurgo, nel dopoguerra, non chiese mai a Gian Ferrari di realizzargli una sua personale : questo, forse, perchè il gallerista prediligeva la pittura verista o forse perchè in via Clerici aveva visto  un'esposizione del pittore Schiltian, che non gli piaceva proprio.  Ma mio padre era un'originale...

FOGAZZARO

Il lago per mio padre aveva un fascino particolare.

Licurgo vantava le sue origini veneziane e  la sua giovinezza anconetana, dove le atmosfere marine assumevano tante sembianze, tuttavia aveva imparato ad amare molto la dolce malinconia lacustre.

Raggiunta la sua maturità pittorica, non aveva rinunciato al piacere di dipingere la natura, filtrando forme e colori con la sua profonda sensibilità.

Sia Vassena sul lago di Lecco, che Oggebbio sul lago Maggiore, erano stati per lui luoghi di studio.

Infatti ricordo che mi diceva spesso che, prima di sbrigliare la fantasia e creare opere surreali, un pittore doveva acquisire tutte le capacità tecniche che solo la pittura tradizionale poteva offrire: "Quando saprai disegnare e conoscerai bene la tecnica della pittura, allora potrai esprimere al meglio le tue idee, il tuo stile pittorico e la tua sensibilità"

Licurgo aveva abitato a Vassena  a metà degli anni "30 del secolo scorso con la sua compagna di allora e lì, ad un ricevimento nella villa di un certo Mattaloni, aveva conosciuto un nobile discendente della famiglia Fogazzaro, "persona squisita" che aveva apprezzato i suoi paesaggi.

Credo sia questo il motivo del bel disegno rappresentante Villa Fogazzaro Roi, al quale lui teneva molto come ricordo di un piacevole momento di amicizia .

L'opera in mio possesso l'ho offerta come donazione all' ente che ha più a cuore il nostro patrimonio artistico Italiano, il FAI, che , da tempo ha posto sotto tutela questa bella  vIlla di interesse storico e culturale.

La donazione è stata accettata e  presto ne verrà organizzata la consegna:  il disegno verrà sistemato  nell'area espositiva di Villa Fogazzaro ,  a Orio in Val Solda  .

Licurgo certo aveva amato questi laghi lombardi che, pur avendo luci e sembianze diverse fra loro, ai suoi occhi possedevano la stessa struggente memoria di quel "piccolo mondo antico" così poeticamente ben descritto da Fogazzaro.

 

GINO CASTOLDI

Licurgo aveva sempre cari amici che lo incoraggiavano e apprezzavano i suoi lavori. Poteva stare anni senza vederli, ma l'amicizia rimaneva salda nel suo cuore. Tra tanti amici , uno gli era particolarmente caro, si chiamava Gino Castoldi. Si erano conosciuti molto prima della guerra e avevano continuato a frequentarsi anche dopo, già sposati e padri. Della figlia di Castoldi, la cara Vanna, c'è un ritratto che Licurgo le fece da bambina e che fu pubblicato sul Comanducci.

Craja

Andavamo da Craja, nella piazzetta Filodrammatici, io ero poco più che bambina, ma ne conservo un ricordo piacevole, anche se un poco vago. Mi sembra di rivedere una  lunga grande stanza , la scultura in acciaio con figure umane, i tavolini verdi, il legno alle pareti...  Nella foto qui sotto il locale lo riconosco appena, forse perché  manca l'atmosfera di quegli anni: manca il calore delle persone,  il brusio della gente seduta a capannelli che parlava e discuteva e a volte, accalorandosi, alzava la voce . L'arte, la scienza, la politica... Il fervore culturale di quegli anni qui era spesso rappresentato dai nomi più belli, più in vista. Chi non era stato da Craja, per incontrarsi per sapere, per stare insieme? E' stato uno dei caffè preferiti da Licurgo, dove poteva incontrare amici di allora e altri dimenticati da tempo, non solo pittori, ma figure della cultura italiana. Le voci, i saluti, le persone che si sedevano con noi, che ci sorridevano sfiorandoci, "quello è Soldati, quello è Cagnoli, guarda Quasimodo e Ghiringhelli, un caro amico..." Chissà se ci sei ancora Craja, temo di no, tornerei da Craja per mostrarti ai miei figli, ma ti avranno certamente trasformato in qualcos'altro e non mi orienterei neanche più...

MIMMO DEL DUCA

1944

ORAZIO NAPOLI

Licurgo aveva conosciuto Orazio Napoli negli anni 30, quando frequentava il caffè "le Tre Marie", dove artisti e scrittori si ritrovavano ogni giorno.

Lì aveva conosciuto anche Quasimodo, Zavattini, Tofanelli, Sinopico, Santambrogio, Basile, Bocassile e lo scultore Malerba e , che gli donò una testina di terracotta, raffigurante un neonato che piange. A quel tempo aveva conosciuto  anche un altro poeta: Alfonso Gatto, di cui parlava spesso con molta simpatia.

Orazio Napoli era una persona intelligente e sottile, dai sentimenti profondi.

Dopo la guerra non si videro spesso, ma si sentivano legati da un'amicizia che durò sempre.

Quando ero ragazzina, un giorno, incontrandolo per strada, Licurgo me lo presentò, dicendo :

" Questo è uno dei più grandi poeti del novecento. Poeta nella penna e nell'anima!".

Di lui ricordo il sorriso simpatico e la stretta di mano.

ARMAND NAKACHE

Scriveva di lui Armand Nakache, il presidente del Salon des indipendents e del tratto e della calligrafia del Louvre di Parigi :

 "Pochi sono i pittori italiani che a Parigi e in Francia vengono conosciuti(..........) Sono lieto d'aver potuto conoscere ora le opere di Licurgo Sommariva, poichè vi ho colto il valore individuale, quello della sostanza al di là del metodo d'esposizione pittorica: la macchia. Un apparire d'immagine come sorta dell'intimo (.........) non mi pareva d'aver trovato, in arte, un'altrettanta soddisfacente indagine. Fino a che non ho conosciuto l'opera nuova di Licurgo Sommariva."

 Nel guardare i quadri di mio padre, che sono rimasti di mia proprietà, ancora, a volte, mi perdo nelle sue macchie, per trovare un volto mai scoperto o un angolo di paesaggio fantastico che non avevo ancora osservato.....

VERONA

Verona è la città che ho più nel cuore. In questa bella città ho trascorso buona parte della mia adolescenza e insieme a mio padre ho frequentato persone e caffè, tra chiacchere e girovagare. Persone simpatiche e argute che sapevano creare simposi ricchi di dibattiti e aggiornamenti culturali. Il Veneto di un tempo....Nel 1962 Licurgo espose alla Galleria Mazzini ed ebbe un buon successo di critica e di pubblico. Lo fecero persino "Cavaliere del Gnocco"

UBALDO FAGIOLI

ANCONA

Ancona in quegli anni inizia ad aggiornarsi sugli avvenimenti del nuovo secolo pur muovendosi ancora in clima di romanticismo: il divisionismo, il cubismo e il " Manifesto tecnico del movimento futurista" accendono dibattiti e discussioni, mentre il nome di Boccioni ( il cubismo in movimento), la cui morte prematura è argomento di cronaca, risuona nelle sale. Polverini segue con attenzione le nuove tendenze e per Licurgo è una guida importante. Presto tra allievo e maestro nasce una grande amicizia che durerà sempre.

Quadro futurista esposto al Salon de Paris